Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia
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Saggio bibliografico sull’antica via Appia
di Fabrizio Vistoli
Progetto Appia antica Progetto di politica ambientale sulla via Appia antica
La Società Magna Grecia (SMG), come soggetto promotore di azioni di salvaguardia e di valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale italiano, ha intrapreso la realizzazione di un progetto di politica ambientale sulla via Appia antica e sulle sue varianti, prima fra tutte l’Appia Traiana, e sull’assetto moderno di queste grandi arterie antiche, con particolare riguardo alla conservazione e alla valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente da esse attraversato.
La cura scientifica del Progetto è affidata al prof. Adriano La Regina per il territorio laziale e alla dott.ssa Giuliana Tocco per il tratto dell’Appia in attraversamento della Campania, della Basilicata e della Puglia; il censimento documentario è stato svolto dalla dott.ssa Mariana Franco; coordinatore logistico e organizzativo delle attività connesse al Progetto è il segretario della SMG, dott. Fabrizio Vistoli.
La via Appia venne realizzata da Appio Claudio il Cieco nel 312 a.C. per collegare Roma con Capua, la città più importante della Campania. Realizzata in questo primo tratto per una lunghezza di 132 miglia, utilizzando probabilmente un tracciato già in uso, la via Albana, rivestì sin dall’inizio una importanza di alto significato politico. Doveva rispondere, infatti, al programma di espansione progressiva del potere di Roma nelle regioni meridionali e gettare le basi dell’impero.
Seguendo le tappe del graduale prolungamento dell’Appia si può seguire, infatti, il crescente assoggettamento del territorio: dalla deduzione della colonia a Venusia nel 291 a.C. alla deduzione della colonia a Brundisium, testa di ponte verso l’Oriente, tra il 246 e il 243 a.C. Nel suo sviluppo totale l’Appia, regina viarum, come la definì il poeta romano Publio Papinio Stazio, raggiunse la misura di 364 miglia e, poiché rispondeva a un fine politico e militare, incise fortemente con il suo tracciato sul territorio.
Non minore importanza strategica e militare rivestì la principale variante dell’Appia, voluta da Traiano nel 109 d.C., che da Benevento si diresse per una lunghezza di 206 miglia verso la costa adriatica, consentendo di raggiungere Brindisi più celermente. L’arco di Traiano, eretto a Benevento e dedicato nel 114 d.C. dal Senato e dal popolo romano all’imperatore, a memoria dei suoi trionfi militari, celebrò proprio l’apertura della strada con la realizzazione di un’opera che costituisce uno dei massimi capolavori dell’arte romana.
L’Appia continuò a funzionare in tutto il suo percorso almeno fino al VI secolo d.C.; durante il Medioevo originò un vero e proprio sistema di piccole strade, perdendo, però, il suo carattere di strada a lunga percorrenza. Ebbe, però, una funzione fondamentale per il percorso dei pellegrini diretti in Terrasanta e, durante le Crociate, ancora una volta rivelò la sua importanza militare e il suo ruolo di intermediaria di importanti scambi culturali, come dimostrano gli influssi orientali riscontrabili nelle architetture religiose e urbane nell’attraversamento delle regioni meridionali.
Agli inizi dell’Ottocento, sotto il dominio francese, essendo cresciute le attività mercantili dei territori meridionali e quindi la necessità di accelerare i trasporti e gli scambi, si riorganizzò la rete stradale per esplicito decreto di Gioacchino Murat e l’Appia conobbe un nuovo periodo di grande fortuna che ulteriormente si incrementò con la restaurazione borbonica.
L’attuale SS 7 ripercorre in gran parte il tracciato dell’Appia antica, come dimostrano lembi di strada lastricata scoperti soprattutto nel tratto Roma-Capua, pur essendo stata, come si è detto, modificata e rifatta più volte nel tempo, in funzione delle diverse esigenze della circolazione.
Il persistente uso del tracciato dall’antichità ad oggi ne sottolinea la rilevanza soprattutto come struttura che costruisce e ordina il paesaggio e, di fatto, ne induce la percezione, lasciando intravedere, ad esempio, le tracce di un’ordinata disposizione regolata dalla centuriazione romana che, attraverso le sue permanenze nel sistema dei toponimi, nei tracciati della viabilità minore o anche nella rete dei canali d’irrigazione e di drenaggio, costituisce la chiave di lettura più ‘profonda’ del territorio.
Il progetto Appia Regina Viarum nasce con l’obiettivo di promuovere non soltanto la conservazione del tracciato e dei siti che vi gravitano, ma anche di sostenerne la riqualificazione e la valorizzazione, prefigurando metodologie di intervento che, anche e soprattutto attraverso la pianificazione paesaggistica e urbanistica esistente o in fase di redazione, assicurino una chiara lettura del percorso antico e della persistenza nella rete stradale moderna dell’Appia e della Traiana moderni e ne esaltino la funzione di elementi regolatori dei territori e delle aree urbane che ne sono attraversati.
Per compensare la disomogeneità della documentazione disponibile per il primo tratto dell’Appia, ricadente nel territorio di Roma, relativa non solo alle evidenze archeologiche ma anche a tutte le iniziative rivolte alla tutela e alla valorizzazione il progetto ha privilegiato in via preliminare il tratto dell’Appia dal Garigliano a Brindisi e l’intero tracciato della via Traiana.
Nella prima fase di attuazione è stata curata la preliminare raccolta delle conoscenze, edite ed inedite, sui tratti stradali individuati o messi in luce, sui monumenti e sui complessi archeologici che vi gravitano e sui contesti d’interesse paesaggistico (I a), la predisposizione di una base cartografica elementare per l’ubicazione dei siti in interazione con la loro catalogazione (I b), la realizzazione di fogli di lavoro Excel per l’inserimento dei dati (I c), l’elaborazione di un modello di scheda sintetica dell’evidenza facilmente apribile puntando su ogni singolo sito mappato (I d), uno studio di fattibilità per la realizzazione di un GIS dedicato (I e).
Nella successiva fase del lavoro si è provveduto all’integrazione delle informazioni note tramite la ricognizione presso gli archivi delle Soprintendenze competenti (II a), in modo da completare lo screening delle evidenze e definire la condizione amministrativa dei beni, oggetto di vincolo o di proposta di vincolo archeologico o di esproprio, lo stato attuale di conservazione, la gestione e la previsione o lo stato di avanzamento di progetti di valorizzazione.
Il materiale raccolto è stato archiviato mediante una schedatura informatizzata (II b) che si allinea, nelle voci principali, alle norme previste dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione per le schede di sito.
Tale archiviazione è stata realizzata con uno stile tabellare in un foglio di lavoro in formato Excel, utile alla successiva trasposizione in un Database relazionale.
Le tipologie informative sono state raccolte in quattro grandi campi: la Localizzazione del bene, i Dati amministrativi, le notizie sull’Oggetto, la Condizione dello stesso e la Bibliografia specifica relativa.
Per l’esigenza primaria dell’archiviazione semplificata dei dati, si è seguito un criterio di sostanziale standardizzazione delle informazioni: nella sezione riservata alla Condizione, alla Valorizzazione e al Grado di rischio a cui il bene è esposto, sono stati predisposti dei menu a tendina con voci selezionabili, ma prefissate.
Sono state censite in totale 285 evidenze, con una maggioranza di attestazioni in Puglia (nn. 154 siti) che contiene il tratto più lungo di entrambi i percorsi stradali, seguita dalla Campania (nn. 127 siti) e dalle esigue attestazioni della Basilicata (nn. 4 siti).
Sul totale delle evidenze, la parte più consistente è costituita dai tratti di strada basolati, glareati o rappresentati dalla sola sottofondazione (rudus): si tratta di 31 attestazioni per la via Appia (delle quali ben 22 in Campania) e 14 per la via Appia Traiana, alle quali vanno aggiunte le zone nelle quali si registra la persistenza del tracciato antico ricalcato in assi stradali moderni o in tratturi e carrarecce.
I restanti siti corrispondono a beni di varia natura, tra i quali si segnalano viadotti o archi strettamente correlati alla strada, ma anche resti di città antiche, di edifici, aree di necropoli, ville, insediamenti rurali, vici o complessi produttivi, tra i quali sono stati identificate le stationes o le mansiones citate dalle fonti letterarie o itinerarie per la sosta dei viaggiatori o per il cambio dei cavalli, e porzioni di carreggiate stradali che hanno elementi di connessione con il percorso stradale.
Del sistema di viabilità e di divisione agraria dei territori attraversati consistenti tracce restano oggi, in Campania, dell’ager Falernus, di cui la via Appia costituisce un decumano e dell’ager Campanus, attraversato diagonalmente, mentre recenti ricerche hanno consentito di ricostruire il vasto sistema di divisione agraria anche nell’ager Aecanus, in Puglia.
Numerose sono le aree di necropoli intercettate lungo il percorso (nn. 49 siti, dei quali 38 lungo la via Appia).Significativa la quantità di ponti-viadotti registrata (nn. 21, equamente ripartiti tra le due strade): essi, con una particolare concentrazione nella provincia di Benevento (nn. 12) ed in generale in Campania (nn. 17), presentano gravi problemi conservativi e sono esposti a grandi rischi di tutela, pur essendo collocati, nella grande maggioranza dei casi, in contesti paesaggistici di naturale bellezza, sicuramente meritevoli di valorizzazione.
Alle evidenze relative all’epoca di costruzione delle due strade ed al loro utilizzo protratto nei secoli seguenti sino alle soglie del Medioevo ed oltre, sono stati aggiunti siti cronologicamente antecedenti, che occupano uno spazio successivamente destinato al tracciato viario, o altri di epoca più tarda, particolarmente interessanti per la loro posizione o per il loro utilizzo.
Riguardo alla tutela, la ricognizione effettuata consente di constatare quanto essa, sia pure attuata soprattutto con lo strumento puntiforme del vincolo, sia generalmente garantita: la maggior parte dei tratti individuati e dei complessi archeologici è stata sottoposta a vincolo archeologico in seguito al rinvenimento, come dimostra l’alta percentuale di decreti rispetto al numero di siti schedati. Sul totale, infatti, il 59% è stato oggetto di provvedimenti di tutela, secondo la normativa ministeriale o regionale, o è interessato da procedimenti ancora in corso.
La opportunità di prevedere strumenti di tutela e di valorizzazione dell’Appia e delle sue varianti all’interno della pianificazione territoriale è un percorso ancora da intraprendere ma è l’unico possibile per interventi che abbiano omogeneità e coerenza oltre che reale possibilità di attuazione. Gli strumenti di pianificazione territoriale, sia quelli specifici deputati alla salvaguardia dei beni culturali rappresentati dai piani paesistici, sia quelli di destinazione d’uso a livello comunale (PUC), provinciale (PTCP) o regionale (PTPR) si presentano come il mezzo più idoneo per una politica di salvaguardia coerente e onnicomprensiva.
La raccolta di dati fin qui condotta consente di evidenziare le azioni che restano da programmare per portare a compimento il piano di tutela in un sistema condiviso di interventi da effettuare; inoltre, segnalando punti nevralgici, peculiarità ed attrattività dei luoghi ed eventuali rischi ai quali sono esposti i beni, fornisce numerosi suggerimenti di possibili percorsi di valorizzazione.
La possibilità, al momento in corso di studio, di inserire tutte le informazioni all’interno di un sistema informativo territoriale ne moltiplica le potenzialità.
L’evoluzione ulteriore del progetto, con la creazione di un’interfaccia web per la cartografia georeferenziata e interattiva, potrà infine divulgare e promuovere la conoscenza dell’importante sistema viario che ha accompagnato e molto spesso favorito lo sviluppo e la trasformazione nel tempo del territorio italiano meridionale, oltre che invitare alla fruizione di un ricco e complesso patrimonio non solo archeologico ma anche monumentale, naturalistico e paesaggistico.
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