Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia
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Opera multimediale con oltre 800 fotografie tratte dall'archivio dell'Associazione
Non è effimera nè casuale la ricca documentazione fotografica costituita presso l'A.N.I.M.I. tra il 1910 e il 1960.
Essa accompagnò la storia dell'Associazione nella sua varia e complessa attività, sviluppatasi nelle Regioni meridionali a partire dal devastante terremoto del 1908, che distrusse Reggio Calabria e Messina.
Lo scopo era quello di fissare, con le immagini, una realtà che andava indagata e compresa, al fine di una ricostruzione che fosse consapevole delle preesistenze storiche, sociali e culturali del Mezzogiorno d'Italia. Fu, dunque, un'attenta opera di ricognizione che integrava la diretta osservazione dei luoghi, le sistematiche indagini sulle condizioni del Sud, le annotazioni dei taccuini dei viaggi, effettuati in modo avventuroso, a piedi o a dorso di mulo, per lunghe ore del giorno, come nella memorabile visita, nel settembre del 1928, di Umberto Zanotti-Bianco e di Manlio Rossi-Doria ad Africo, colpito da un'alluvione. Tutto doveva essere registrato e documentato. Il corredo fotografico rappresentava, quindi, uno strumento prezioso per completare la ricostruzione delle situazioni e degli eventi.
E' questo l'aspetto culturale che chiaramente emerge dall'imponente raccolta d'immagini e di negativi, circa 13.000, conservata nella sede dell'A.N.I.M.I.
Si tratta di un prezioso patrimonio che testimonia l'attività di circa mezzo secolo dell'Associazione che si estese nei campi più disparati.
Attraverso le sequenze fotografiche si dipana il filo di una vicenda umana, culturale e sociale dei protagonisti dell'A.N.I.M.I., a cominciare da Umberto Zanotti-Bianco che ne fu il grande animatore, che dimostra la coerenza di un'ispirazione che fu costruttiva senza sterile denuncia, filantropica, senza sentimentalismo, unitaria e patriottica senza retorica.
Le immagini riflettono momenti di interventi concreti che si svilupparono dalla costruzione delle scuole e delle biblioteche, alle attività di lavorazione e di produzione, all'assistenza dei profughi armeni, friulani, degli emigranti, alla lotta contro la malaria, fino alle campagne si pioneristici scavi archeologici, alla elencazione dei beni culturali e alle riprese paesaggistiche. In quelle composte fotografie non si "respira", appunto, atmosfera celebrativa, si registra piuttosto l'austera testimonianza di un lavoro svolto, come tessera di un mosaico da continuare e quindi da completare. a11lEsse ci parlano di sconvolgenti condizioni di vita, ma anche di speranza, e di valori culturali da tutelare. Non è un caso che su suggerimento di Zanotti-Bianco una delle più sistematiche ricerche fotografiche abbia riguardato le cosiddette "arti minori", espressioni di quell'artigianato artistico che conservava tecniche e "vestigia" risalenti ad epoche remote, perfino classiche, apprese attraverso un'ininterrotta tradizione. Per quei tempi si trattava di un'attenzione del tutto sorprendente per produzioni a torto ritenute poco degne di interesse estetico. Probabilmente, al di là della intuizione sul valore di quegli oggetti che precorreva più accorte e successive sensibilità critiche, da parte di Zanotti-Bianco e degli operatori dell'A.N.I.M.I., veniva soprattutto coltivato il progetto di una rinascita dell'antico artigianato che poteva costituire una base valida per lo sviluppo dell'economia meridionale.
I tentativi compiuti dall'A.N.I.M.I. per per rilanciare in Calabria le tessiture tipiche locali mi sembrano confermare l'ipotesi delle motivazioni pratiche dell'incarico affidato al giovane storico dell'arte Angelo Lipinskj che dedicò due anni alla campagna fotografica sulle "arti minori". Oggi, quel materiale è tutto da rianalizzare, non solo per finalità estetiche e sociologiche, ma forse anche per riproporre l' "utopia" di Zanotti-Bianco di uno sviluppo autoctono che ripartisse anche dall'artigianato. La documentazione che offriamo nella quale storia e fotografia si integrano, non vuole essere una semplice rievocazione. Il materiale può essere certo oggetto di studio, può servire a ricostruire luoghi perduti del passato, a riproporre immagini di paesaggi alterati o scomparsi, ad analizzare antichi atteggiamenti e costumi, ma ciò che più preme è che esso "racconti" l'energia e la tensione morale di persone, molte purtroppo dimenticate anche nei luoghi dove operarono, che si raccolsero intorno all'A.N.I.M.I., per affrontare l'impresa difficile del riscatto del Mezzogiorno come compito primario dell'Italia unita.
Quelle immagini, quelle severe figure dei promotori dell'A.N.I.M.I., e quindi degli studiosi, dei collaboratori, degli insegnanti, dei medici dell'Associazione che affiorano dal secolo scorso ci consegnano una lezione di altruismo, di impegno civile, di intelligenza politica che in un'età come l'attuale di scomposte rivendicazioni localistiche, rischia di smarrirsi. Ravvivandone il ricordo e riproponendone l'esemplarità vogliamo anche dire che interrompere il filo di una tradizione che ha nella cultura risorgimentale (dall'A.N.I.M.I. scrupolosamente difesa) il suo fondamento, può significare anche una delirante dissoluzione dell'Italia.
Gerardo Bianco
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